Dislessia e sport – seconda parte:

Dislessia e sport – seconda parte:

Qual’è la mia esperienza?

Premetto che non sono un amante di sport, anche se, mi piace fare lunghe camminate all’aria aperta.

Ma, non è questo l’importante, voglio tornare indietro di alcuni anni e raccontarvi la mia esperienza in merito.

Quando ero più piccolina ho fatto per 2 anni danza, mi piaceva davvero molto, tutt’ora mi piace fare le spaccate 😂, ma ho abbandonato, sai perché? L’insegnante era molto severa, mi sgridava in continuazione perché non riuscivo, non distingueva dx da sx, ero più lenta nel ricordare le coreografie (dal tronde anche lì si studia e come sono lenta nel imparare una poesia lo sono anche qui…). Io lasciato, ho provato a cambiare tipologia di danza così che cambiava anche l’insegnante, ma anche qui non mi sono trovata, la coordinazione oculo-manuale era fondamentale, così come comprensione e memoria (vedi post precedente per ulteriori info). Ho lasciato.

Qualche anno dopo ho poi fatto nuoto, non per mia scelta, ora ti racconto il perché…

Alle medie, un po’ per disinteresse, un po’ perché ero rimasta delusa dalle altre esperienze, non praticavo nessuno sport, non ufficialmente almeno, perché andavo con il mio monociclo e i miei roller a fare le passeggiate quindi comunque movimento lo facevo. Questo era possibile nel weekand, perché durante la settimana ero impegnata a studiare, fare i compiti, erano davvero tanti e impiegavo tutte le mie energie in questi, non avevo anche il tempo di poi andare in palestra. Non ne avevo le forze.
Gli insegnanti hanno però iniziato a lamentarsi dicendo che dovevo a tutti i costi fare uno sport, che dovevo trovarmi il tempo, che dovevo a tutti i costi fare uno sport di squadra. Penso la loro convinzione era dovuta al fatto che non andavo d’accordo con la classe, ma… Dal tronde loro ci mettevano del loro per fare che i miei compagni non mi avvettassero e vedessero la mia dislessia una malattia.
A me non interessava… Non volevo… Io stavo bene così, avevo le mie amicizie, stavo bene insieme alla mia famiglia, avevo modo di sfogarmi a modo mio. Hanno iniziato poi, ogni giorno ad attaccarmi, mi lanciavano frecciatine (davvero cattive), mi ridicolizzavano, mi rendevano più diversa e aliena di fronte ai compagni di quanto già non mi sentivo/fossi. Ricordo che continuavano anche a stressare i miei genitori dicendo che dovevano a tutti i costi obbligarmi a fare uno sport di gruppo altrimenti non sarebbero stati dei buoni genitori… In realtà per me sono sempre stati ottimi, mi hanno sempre supportata, aiutata ed è grazie a loro che ho sempre trovato la forza di andare avanti, di mettermi in gioco, di compensare le mie difficoltà con spirito.
Venni iscritta a nuoto ma…Trovavo sempre una scusa per non andarci.

Da lì ogni giorno gli insegnanti passarono a non salutarmi, la prima domanda era “cos’hai fatto ieri pomeriggio?”.

Ricordo che qualche giorno prima degli esami di terza media la coordinatrice mi disse tantissime brutte parole e mi misi a piangere cosa che non avevo mai fatto davanti a uno sconosciuto. Perché? Perché non avevo voluto fare uno sport e se prima ero vista come “la ragazza che studia, ma è strana” ora ero “la ragazza presa da prendere di mira e ridicolizzare davanti alla classe e tra colleghi”.

Le lezioni di educazione fisica?

Altro incubo! Non amo li sport con la palla, faccio fatica a mantenere il controllo su di essa, a prenderla al volo, sono però bravina a calcio. Il problema? Ovviamente tutti gli sport erano con la palla da prendere al volo… Così che tutte le volte che non riuscivo a prenderla arrivava l’ennesima strillata, l’ennesima volta che tutti ridevano per una mia difficoltà, venivo messa a fare più e più volte l’esercizio davanti a tutti, come se fosse colpa mia, se lo stessi facendo a posta e ogni volta giù risate e urla. Proprio come quando viene chiesto di leggere un testo, sbagli? Tutti ridono, la docente ti rimprovera e ti dice di ricominciare ogni volta.
Giochi di squadra? Nessuno mi sceglieva mai con la scusa “no prof lei no, non la voglia, ha quella strana malattia”. Malattia? No, maledizione, caratteristica!

Questo non che sia cambiato molto alle superiori… Il procedimento era uguale, se non in 4 dove trovai una docente fantastica, preparata, con esperienza, che conosceva le difficoltà e mi supportata, aiutava, spiegava a con altri metodi in modo che anch’io potessi capire e infatti riuscivo, e la regola era “guai criticare l’altro” quindi mi sentivo anche più libera. In 5 sfortunatamente tornò il prof degli altri anni, quando ero più sicura di me, stavo meglio, facevo quel che potevo, senza paure, ma durò veramente per poco. L’insegnante era sempre pronto a riprendermi perché sbagliavo la destra e la sinistra…! Ancora non le avevo automatizzate…
Non riuscivo a svolgere gli esercizi speculari, dal tronde come confondo e ho difficoltà con la “b” e la “d” qui non che cambiasse molto…

Pattinare con i roller, con i pattini sul ghiaccio, andare in monociclo e poi in hoverboard però mi hanno aiutato tanto, mi facevano sfogare, mi sentivo libera, per me era “posso provare, sbagliare, cadere e rialzarmi senza paura di essere derisa o evitata per la mia caratteristica”, imparare da sola mi ha fatto crescere l’autostima, mi ha dato la possibilità di credere in me e capire che anch’io posso, con i miei tempi e a modo mio. Mi ha dato la possibilità di sentirmi libera. Tutt’ora, quando c’è possibilità (ora con il covid è più difficile) mi rilasso così, provando, divertendomi, cadendo e rialzandomi.

Lo sport non deve essere un obbligo, deve essere un piacere! Se un ragazzo, un bimbo non si sente di farlo in quel momento non obbligato, magari ha un motivo per cui non vuole, arriverà il momento dove sarà lui a chiedertelo o interessarsi. Non è vero che lo sport non ha contro, o meglio non li avrebbe se adattato a ogni difficoltà/esigenze, se fosse sempre inclusivo.

Qual’è invece la tua esperienza?


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